Post by AldoXPost by filippoMa tanto non credo che aderirebbero fiumane di produttori..E poi che
"bere" e bere? Assaggiare dovreste.
Caro filippo,
non so perchè ma questa tua sottile proposta ha un-non-so che di
polpetta avvelenata... ;-)
Di avvelenato non ha nulla:-), a meno di non considerare l'etanolo un
veleno, come del resto parte non trascurabile dell'umanita' ritiene sia.
Ma e' tutt'altro che sottile: e' anzi l'applicazione del brute force
method a un'esigenza da parte mia sentitissima. E forse sentita anche da
parte di chi il vino lo degusta senza averci "le mani su", com'era mia
ipotesi da te qui sotto confermata.
Post by AldoXE tuttavia io personalmente la accoglierei volentieri.
Non perchè mi senta particolarmente bravo - tutt'altro... Anzi, forse
proprio per questo, perchè ho così tanto da imparare, e il confronto con
chi produce e con chi degusta offre a tutti grandi opportunità di
crescita, non solo ai produttori :-)
Proprio quello che penso! Si tratta di una grande alleanza, interessata
da ambo le parti, che bisognerebbe stringere. Qualche mese fa, credo
fosse ai tempi dell'affare gomma arabica, avevo avuto questa ponzata,
molto naif, che mi permetto di sottoporti/vi:
A me sembra (corrigetemi si sbalio) che a grandi linee sia possibile
vedere nella "storia" del vino quattro parti in commedia, o meglio tre
piu' uno spettatore pagante. Quest'ultimo sono ovviamente i fruitori
finali, consumatori o bevitori come li si voglia chiamare. E stanno a
guardare, almeno per il momento (e a fischiare/applaudire, ovviamente).
La commedia la rappresentano in tre (collettivi): il cosiddetto
produttore, l'enologo (o chi comunque fa il vino in pratica), e chi del
vino parla, scrive, critica, recensisce, promuove
l'immagine/consumo/vendita, eccetera eccetera. E pensavo alle
prospettive e alle potenzialita' dei tre partecipanti a questo tavolo
negoziale (o da gioco). Non ci ha messo molto a farsi strada la
consapevolezza che dei tre l'enologo e' quello che sa di piu': a volte
e' produttore egli stesso (o femminile); sicuramente e' sempre buon
comunicatore/critico. Quanto al produttore/ice, generalmente e' grassa
se mastica quello che l'enologo gli propina; altrettanto grassa, forse
di piu', se in grado di relazionarsi da pari a pari con il terzo attore,
quello che per il momento ha capitalizzato il suo rapporto esclusivo col
pubblico pagante, cioe' appunto il comunicatore/critico, insomma
l'opinion maker. Quest'ultimo, infine, quanto e' in grado di mettere il
naso nel brodo dei primi due? Quanto invece nella posizione di farsi
mangiare la pappa in capo da loro, soprattutto da quello che la mangia
in capo a tutti, l'enologo?
Dalla contemplazione di questo psicodramma cui avevo ridotto il "mondo
del vino", emergeva per me il senso di un bisogno duplice.
"Bisognerebbe", mi dicevo, non solo che i produttori studiassero di piu'
da enologo E da comunicatore/critico (del proprio vino, ma non solo),
esigenza questa che sentivo straripetuta da tutti, e quindi ben
acquisita; ma anche (soprattutto?) che i critici/comunicatori
studiassero assai da enologi e da produttori (cioe' che se lo
producessero, che si diffondesse il culto delle microvinificazioni
personali da parte di chi di vino si interessa, sorta di esercizi di
diteggiatura, arpeggi, per "sapere" il dentro di quella cosa oggetto di
interesse). Ma soprattutto sentivo piu' che il bisogno il desiderio che
si affermasse da parte del pubblico (di chi in finale non solo beve il
vino, ma _finanzia_ tutto quanto, e tutti quanti gli attori in commedia)
la voglia di andare a mettere di piu' il becco nella commedia in
questione. La voglia di farsi enologi, produttori e critici. Almeno un
po'. Sulla strada di.
Il grande atout dell'enostoria italica, imvho, e' quello di essere un
paese di _tradizioni_ vitivinicole. Non e' retorica razzista o snob.
E' la constatazione della diffusione sul territorio di usi e costumi
(e di disponibilita' di materia prima!), usi e costumi
che gia' sono evoluti verso una forma piu' moderna a passo da gigante,
negli ultimi venti-trent'anni: non piu' popolo di avvinazzati di vinacci
da oste senza scrupoli, bensi' popolo di bevitori molto piu'
consapevoli, addirittura in tantissimi casi colti. Ce lo possiamo
permettere un passo ulteriore verso la contemporaneita': portare la
cultura al rango di scienza, e la familiarita' al grado di padronanza
tecnica. Da bevitori semplici a bevitori-enurghi. La nostra
contemporaneita'. Btw, questa potrebbe essere una risposta all'esigenza
tomboliniana di creativita' neo-rinascimentale italica.
Questa del banco collettivo di saggio e valutazione forse potrebbe
essere un mattoncino in quel senso. O no?